IL RAPPORTO FRA LA SANZIONE AMMINISTRATIVA DELLA SOSPENSIONE DELLA PATENTE DI GUIDA E LA CORRISPONDENTE PENA ACCESSORIA NELLA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 186 E 187 CDS: IL CASO DELLA SANZIONE AMMINISTRATIVA DI DURATA SUPERIORE A QUELLA ACCESSORIA PENALE

22 aprile 2022

PREVALENZA DELLA STATUIZIONE PENALE SUL DIVERSO PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO CON CONSEGUENTE OBBLIGO DI RESTITUZIONE DELLA PATENTE AL TRASGRESSORE

Come noto, la violazione degli artt. 186 e 187 C.d.S. - con la sola eccezione dell'ipotesi di cui all'art. 186 comma 2 lettera a) - determina conseguenze di natura sia amministrativa sia penale.
I due procedimenti, che hanno in comune il medesimo fatto storico, rispondono tuttavia a differenti esigenze di tutela.
È quindi compito dell'interprete padroneggiare entrambi i profili giuridici al fine di offrire al trasgressore/cliente la tutela più adeguata e contenere così gli effetti sanzionatori - spesso molto significativi - tanto con riferimento al titolo di abilitazione alla guida - passibile di ritiro, sospensione e financo revoca - quanto rispetto alle conseguenze di tipo più propriamente penale.

I DUE PROCEDIMENTI CHE HANNO ORIGINE DALLA VIOLAZIONE (COSTITUENTE REATO) DEGLI ARTT. 186 E 187 C.D.S.; IL RAPPORTO ESISTENTE FRA LA SANZIONE AMMINISTRATIVA DELLA SOSPENSIONE DELLA PATENTE DI GUIDA E LA OMOLOGA PENA ACCESSORIA IRROGATA DAL GIUDICE PENALE


In seguito all'accertamento di una delle infrazioni al codice della strada anzidette, il rapporto delle autorità di polizia intervenute viene immediatamente inviato al Prefetto territorialmente competente in relazione al luogo della commessa violazione.
Questi adotta, nei tempi e nei modi previsti dall'art. 223 C.d.S., ove sussistano fondati elementi da cui desumere la responsabilità del trasgressore, i provvedimenti di natura cautelare tesi a tutelare, parafrasando la Suprema Corte di Cassazione, in via necessariamente preventiva, strumentalmente e con immediatezza, l'incolumità e l'ordine pubblico (ex multis, Cass. Pen. Sez. II, Ord. n. 21266/2020 del 5 ottobre 2020, Rel. De Marzo).
Secondo la prassi ben nota, il Prefetto adotta pertanto - in tempi ragionevolmente compatibili con la natura cautelare del procedimento (ex multis, Cass. Civ. Sez 2, Ord. n. 17999/2021, Rel. Picaroni) - un Decreto nel quale di norma dispone la sospensione della patente di guida per un determinato periodo di tempo - variabile a seconda del tipo di violazione commessa, del tipo di trasgressore ma anche, delle differenti prassi invalse a livello locale - disponendo altresì la revisione della patente presso la Commissione medica locale del luogo di residenza del trasgressore al fine di verificare la permanenza, in capo al medesimo, dei requisiti fisici e psichici prescritti per la guida dei veicoli.
Tale prescrizione segna l'inizio di un lungo percorso - ben conosciuto da chi è incorso in questo tipo di illeciti - che prevede attualmente lo svolgimento di corsi di sensibilizzazione sugli effetti delle sostanze stupefacenti e dell'alcol, con particolare attenzione ai profili attinenti la guida - l'effettuazione di esami clinici e infine la sottoposizione ad una visita avanti la Commissione Medica Locale che rilascerà, ove ne sussistano i presupposti, un certificato di idoneità alla guida con scadenza più o meno prossima, a seconda dei casi. Tale iter verrà replicato, poi, alla scadenza dei rispettivi certificati di idoneità fino a quando la patente non verrà rinnovata per la durata ordinaria decennale.
Allo stesso tempo l'autorità di polizia invierà tuttavia alla Procura della Repubblica territorialmente competente in relazione al luogo della commessa violazione una relazione di servizio costituente la Notizia di reato e gli eventuali allegati, dalla quale trarrà origine il procedimento penale finalizzato alla irrogazione delle sanzioni previste dagli artt. 186 e 187 C.d.S..
Senza entrare in questa sede nelle possibili strategie difensive attuabili in questi casi - M.A.P., L.P.U. ove possibili, procedimento ordinario et similia - il procedimento di norma termina, in caso di condanna, con l'irrogazione di una sanzione principale, detentiva e pecuniaria, eventualmente convertita in sola pena pecuniaria (ndr: nei casi, per esempio, di Decreto Penale di condanna), oltre che della pena accessoria della sospensione della patente di guida (ndr: salvo i casi in cui la patente deve essere, per esempio, revocata). Fra le possibili conseguenze dei reati anzidetti - non sempre applicabile tuttavia - vi è poi il sequestro ai fini di confisca del veicolo condotto dal trasgressore.


IL CASO CONCRETO: LE QUESTIONI DI MAGGIORE RILIEVO RISOLTE A BENEFICIO DELL'ASSISTITO


È prassi che la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida disposta dal Prefetto - non foss'altro poiché avente natura pacificamente cautelare e strumentale - abbia una durata inferiore a quella disposta dal Giudice penale all'esito del corrispondente procedimento. I commenti presenti a vario titolo in rete relativamente a questa materia, affrontano infatti sempre vicende per così dire "lineare" nelle quali i vari profili giuridico fattuali attinenti queste tipologie di reati si verificano secondo il disegno "teorico" previsto dal Legislatore. Laddove dunque la sospensione della patente di guida disposta dal Prefetto sia di durata inferiore a quella disposta dal Giudice, si è affermato fin dalla remota Sentenza Cerboni delle SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione del giugno 2000 che sarà il Prefetto, organo di esecuzione delle sanzioni amministrative accessorie, a dover provvedere alla detrazione, obbligatoria, del periodo di sospensione eventualmente presofferto, senza che vi sia bisogno al riguardo di esplicita dichiarazione da parte dell'autorità giudiziaria procedente (ex multis, Cass. Pen. Sez IV, n. 31 del 2.1.2013). In altri termini: il periodo pre sofferto a titolo di sanzione amministrativa sarà detratto da quello complessivamente disposto dal Giudice e se residuerà, anche all'esito di tale detrazione, un ulteriore periodo di sospensione della patente di guida da scontare, esso andrà nuovamente disposto dal Prefetto dopo l'irrevocabilità del provvedimento penale di condanna.
Ma cosa avverrà nell'ipotesi inversa. Come risolvere cioè il caso in cui la sospensione disposta in via cautelare dal Prefetto sia maggiore della sanzione accessoria penale stabilita dal Giudice, e la prima non sia stata ovviamente ancora interamente scontata dal trasgressore ?
Seppur si tratti di ipotesi raramente riscontrabile in concreto, questa è la vicenda occorsa ad un cliente dello studio in un recentissimo procedimento.


IL CASO


Il trasgressore era incorso nella violazione degli artt. 186 comma 2 lettera c), 186 bis C.d.S. aggravati a vario titolo. Era stato infatti sorpreso alla guida di un autoveicolo quale "neopatentato", in ora notturna e conducendo un mezzo altrui, con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.
Applicando le numerose aggravanti previste dal combinato disposto delle anzidette due norme, il Prefetto aveva disposto la sospensione cautelare della patente di guida per la durata di 450 giorni, corrispondente cioè a 15 mesi, avendo esercitato in modo legittimo e sostanzialmente corretto la propria discrezionalità in quanto le fattispecie concrete violate ammettevano questo tipo di sanzione.
Il parallelo procedimento penale - come oramai avviene sempre più di frequente - era stato invece definito nell'arco di appena 4 mesi, attraverso un Decreto Penale di condanna. Il Giudice penale tuttavia - vuoi per una erronea (sotto)valutazione del compendio probatorio, vuoi per la mancata considerazione di alcuni degli effetti derivanti dalle aggravanti contestate, poco importa ai nostri fini - aveva al contrario disposto una sanzione accessoria sensibilmente più mite, sospendendo la patente di guida dell'imputato per la durata di soli 6 mesi.


LA SOLUZIONE ADOTTATA IN DIFESA DEL TRASGRESSORE


Tenendo in considerazione quello che, a tutti gli effetti, era stato un evidente ridimensionamento della gravità del fatto, si decideva di attendere l'irrevocabilità del Decreto Penale di Condanna al fine di spendere detto provvedimento definitivo in sede amministrativa, chiedendo all'organo territoriale di uniformarsi, in via di auto tutela, alla decisione del magistrato penale.
La strategia non era ovviamente priva di incognite (anche perché non è stato rinvenuto alcun "precedente" in termini); in primo luogo poiché erano ampiamente scaduti i termini per impugnare il Decreto Prefettizio che aveva sospeso la patente in via cautelare. Secondariamente poiché il Prefetto avrebbe potuto rivendicare la propria autonomia decisionale e discrezionalità, peraltro confortato dalla corretta applicazione della legge che lo aveva portato a stabilire un periodo di sospensione della patente di guida ben maggiore del Giudice penale.
Se la richiesta di restituzione della patente attuata mediante istanza in auto tutela non fosse stata accolta, le soluzioni successive avrebbero richiesto l'intervento dell'autorità giudiziaria con la reale possibilità di frustrare - vuoi per i tempi, vuoi per i costi - le aspettative del cliente anche in caso di esito favorevole del giudizio.
La corretta impostazione dell'istanza di restituzione della patente di guida in auto tutela ha tuttavia convinto l'organo amministrativo della necessità di sottostare alla decisione del Giudice penale.
In particolar modo il provvedimento di accoglimento emesso all'esito di tale istanza ha espressamente affermato che "poiché il Giudice penale ha condannato (TIZIO) alla sospensione della patente di guida per MESI SEI" disponendo l'immediata esecuzione di tale sanzione accessoria, "quest'ufficio [id est il Prefetto] deve ottemperare a quanto disposto dal Giudice …..". La patente, verificato lo spirare del termine di sei mesi dal fatto e visto l'esito favorevole della visita avanti la Commissione Medica Locale, veniva restituita al trasgressore.
Il provvedimento ha recepito dunque integralmente le argomentazioni spese in favore del trasgressore.
In particolare, gli elementi che distinguono i due provvedimenti in discussione sono molteplici; la sanzione amministrativa è infatti disposta a seguito di una cognizione sommaria; quella penale, invece, costituisce l'esito di una cognizione piena.
Allo stesso modo il Prefetto interviene con finalità di tipo cautelare, ispirate dalla necessità di scongiurare - nell'immediatezza di un fatto di indubbio allarme sociale e pericolosità - che un soggetto potenzialmente privo dei requisiti di idoneità alla guida continui a circolare indisturbato in maniera legittima.
La ratio della sanzione accessoria penale è invece quella di punire il colpevole all'esito di un giudizio attinente la responsabilità, che può intervenire quindi anche a distanza di tempo dal fatto, quando le esigenze cautelari sono già state soddisfatte ed il trasgressore potrebbe avere dunque ampiamente recuperato i requisiti psico-fisici necessari per la conduzione di veicoli.
Occorre infatti ricordare che in questi casi la restituzione della patente è comunque subordinata ad un giudizio di natura medico legale attraverso il quale si stabilisce se il soggetto già autore di una violazione al codice della strada sia o meno in grado di riprendere - senza pericolo per l'altrui incolumità - la guida di un veicolo.
La valutazione effettuata nell'immediatezza del fatto dal Prefetto potrebbe dunque essere ampiamente superata dalla valutazione tecnica svolta dalla Commissione Medica Locale a distanza di tempo.
In verità l'argomento più significativo adottato al fine di ottenere dal Prefetto la restituzione della patente di guida - così di fatto privando di effetto il Decreto che aveva precedentemente disposto un periodo di sospensione del titolo di abilitazione ben superiore a quello prescritto dal Giudice penale - risiede in un duplice ordine di ragioni giuridiche.
La prima concerne l'individuazione del Giudice naturale precostituito per legge, cui è assegnato il compito di valutare e sanzionare le violazioni agli artt. 186 e 187 C.d.S..
È infatti indubbio che sia il Giudice penale, e non il Prefetto, a ricoprire questo ruolo e dunque una sanzione amministrativa emessa in via cautelare ai sensi dell'art. 223 C.d.S. non potrebbe mai porsi in contrasto con la statuizione definitiva del magistrato penale.
La seconda ragione risiede in un principio altrettanto generale dell'ordinamento, a sua volta sostenuto da ragioni logiche e di buon senso.
È infatti palmare l'illogicità e l'ingiustizia di una misura cautelare - latu sensu intesa - che abbia durata superiore alla "pena finale stabilita dal Giudice", ancor più se si considera che le fonti di convincimento sono nell'un caso sommarie e strumentali, mentre nel secondo costituiscono l'esito di una valutazione probatoria completa e ben ponderata.
A tale riguardo, si è giustamente evidenziato come la stessa Giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione - pur non affrontando casi similari - abbia tuttavia incidentalmente affermato la natura strumentale della sanzione amministrativa, laddove il rapporto di strumentalità è chiaramente rivolto a beneficio dell'accertamento spettante al Giudice penale.
Ragioni tutte che hanno consentito nel caso di specie di "far risparmiare" al trasgressore un periodo di ben 9 mesi in cui non avrebbe potuto circolare poiché "con la patente sospesa", con evidenti riflessi in ambito lavorativo e sociale, senza tuttavia ledere l'altrettanto importante principio della "sicurezza stradale" e dell'altrui incolumità stante la certificazione medica attestante il possesso dei requisiti psicofisici per la guida di veicoli.


Avv. Matteo Casalini

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